In Italia è la prima causa di ricovero tra gli ultra 65enni e la prima causa di morte tra le patologie cardiovascolari. Ne soffre l’1,7% della popolazione (circa un milione di persone) e ci sono circa 190.000 ospedalizzazioni ogni anno (oltre 500 al giorno), per una spesa totale di circa 3 miliardi di euro.
E’ questa la fotografia sullo scompenso cardiaco che è stata fatta durante la tappa romana, al Policlinico Umberto I di Roma, della campagna “Ogni cuore conta. Soprattutto il tuo”, promossa da Novartis in collaborazione con l’Associazione italiana scompensati cardiaci (Aisc). La prevalenza di questa condizione cresce in maniera esponenziale con l’età: colpisce meno dell’1% fino a 60 anni e arriva fino al 20% dopo gli 80 anni. E c’è un profondo legame con chi soffre di diabete: 4 persone colpite da scompenso hanno anche questa patologia. E’ ancora alta la mortalità a 5 anni dopo il ricovero: si arriva al 40-50%, con un paziente su 4 che muore entro un anno dalla diagnosi.
La campagna “Ogni cuore conta. Soprattutto il tuo”, ha l’obiettivo di diffondere una maggiore consapevolezza sull’importanza e sulla gravità della patologia. E diverse sono le attività previste dall’iniziativa: incontri tra medici e pazienti in 15 centri ospedalieri per aumentare la consapevolezza della patologia, materiali promozionali informativi sullo scompenso cardiaco, una pagina Facebook dedicata (AscoltailTuoBattitoITA).
“Abbiamo più di 500mila ricoveri l’anno e spesso si tratta di ricoveri ripetuti degli stessi pazienti, con una situazione clinica che è molto grave e che ha ancora un’alta mortalità, la seconda dopo il tumore al polmone”, sottolinea Francesco Fedele, direttore dell’Unità operativa complessa di malattie cardiovascolari del Policlinico Umberto I, secondo il quale “se si considera che inizia con una primitiva compromissione del cuore per poi compromettere i polmoni, i reni, il fegato, il sistema nervoso e il sistema ematopoietico, può essere paragonato alla patologia tumorale”.
Lo scompenso cardiaco, dice Salvatore di Somma, docente di medicina di emergenza dell’Università Sapienza e direttore scientifico dell’Aisc, “è aumentato negli ultimi anni perché è aumentata l’aspettativa di vita”. “La diagnosi precoce e la prevenzione, ma anche l’avere a disposizione una rete efficiente di Centri distribuiti sul territorio e un conseguente accesso alle soluzioni terapeutiche avanzate, rappresentano gli elementi fondamentali per garantire risultati concreti”, aggiunge.