L’emergenza Covid sta provocando la crescita di segnalazioni di ansia e paura, disturbi del sonno e depressione anche gravi. Molte persone nel mondo soffrono per la perdita di mezzi di sussistenza e opportunità, coloro che amano una persona affetta da COVID-19 si trovano ad affrontare preoccupazioni e separazione. Alcune si rivolgono ad alcol, droghe o comportamenti potenzialmente rischiosi come il gioco d’azzardo.
La violenza domestica è aumentata. Infine, chi sperimenta la morte di un membro della famiglia a causa di COVID-19 potrebbe non avere l’opportunità di essere fisicamente presente negli ultimi momenti o di tenere funerali secondo la tradizione culturale, il che potrebbe interferire con il processo del lutto.
In molti paesi, i servizi di salute mentale nella comunità hanno smesso di funzionare. Tuttavia, oltre il 20% degli adulti di età superiore ai 60 anni ha condizioni mentali o neurologiche sottostanti: essi rappresentano una elevata percentuale delle persone con grave malattia da COVID-19.
La tutela della salute mentale rappresenta una priorità assoluta in questa fase dell’evoluzione della pandemia da COVID-19: e’ questo il messaggio lanciato in un editoriale sulla rivista Word Psychiatry dal direttore generale dell’Oms e secondo il professor Mario Maj, editor della rivista e Direttore del Dipartimento di Psichiatria dell’Università “Vanvitelli” di Napoli, ” nel nostro Paese, le cliniche psichiatriche universitarie e i dipartimenti di salute mentale stanno affrontando un aumento cospicuo delle richieste di intervento”.
“Le autorità competenti- sottolinea Maj- debbono essere consapevoli di questa nuova emergenza che si sta profilando, e considerarla nei programmi per affrontare la ‘fase 2’della pandemia”.”Da segnalare – evidenzia – sono i quadri gravi di depressione, con vissuto di insopportabile preoccupazione per il futuro (in diversi casi giustificata dalla situazione finanziaria della famiglia).
L’evoluzione dipenderà in larga misura dagli interventi che il “sistema Paese” saprà concretamente attuare. Essi però vanno affrontati subito in modo efficiente, non solo perché producono una grave sofferenza, ma perché possono condurre a stati di disperazione estrema, che noi tutti – tutto il ‘sistema Paese’- dobbiamo prevenire per quanto possibile”. “Ascoltare queste persone non è sufficiente- prosegue Maj- bisogna intervenire con gli strumenti propri delle professioni della salute mentale, per ridurre il disagio ma anche di promuovere la resilienza”.
“Vanno poi considerati – aggiunge- i casi di burnout tra gli operatori sanitari che sono stati e sono in prima linea nella lotta alla pandemia. Si tratta di quadri di grave esaurimento fisico e mentale, con sentimenti di colpa, di inadeguatezza e di fallimento, spesso associati a problemi nelle relazioni coniugali e familiari. Anche in questi casi vanno attuati interventi specifici, per prevenire quadri più gravi come il disturbo da stress post-traumatico”.