La patologia osteoartrosica (OA) rappresenta una delle più frequenti cause di dolore e di disabilità nell’adulto. Il ginocchio è il principale distretto anatomico colpito dall’osteoartrosi. Si stima che 250 milioni di persone soffrano di artrosi del ginocchio (gonartrosi). Secondo l’Osteoarthritis Research Society International (OARSI) almeno il 40% dei soggetti oltre i 65 anni soffre di osteoartrosi sintomatica di anca o di ginocchio, con un picco di incidenza intorno ai 75 anni. La prevalenza di gonartrosi sintomatica è del 9,5%, la prevalenza della gonartrosi radiologicamente diagnosticabile è del 33%. Da ciò si evince che più del 50% delle persone con gonartrosi radiologicamente evidenziabile non presenta ancora sintomi.
La prevalenza della coesistenza di sintomi e segni radiologici aumenta con l’età. L’artrosi è una patologia complessa con numerosi fattori di rischio tra cui rientrano fattori sociodemografici e costituzionali (età avanzata, sesso femminile, obesità, storia familiare) e fattori meccanici locali (correlati a patologie di ossa, muscoli e legamenti; traumi; attività occupazionali; attività sportive). In particolare le prestazioni sportive massimali, come la corsa per più di 30 chilometri a settimana o gli sport di contatto quali il gioco del calcio e il rugby, a causa dell’impatto acuto e diretto sull’articolazione, dimostrano quanto la ripetizione di alcuni gesti, una postura viziata, il sovraccarico funzionale possano, a lungo andare, produrre danni articolari irreversibili.
L’artrosi, o osteoartrosi (OA), viene definita un’artropatia cronica progressiva primaria, non infiammatoria, caratterizzata da processi regressivi e proliferativi dei tessuti articolari. L’artrosi è una patologia che interessa l’articolazione in toto, con alterazioni funzionali che coinvolgono la cartilagine ialina articolare, l’osso subcondrale, i legamenti, la capsula e la sinovia. In particolare l’articolazione del ginocchio è la più complessa ed ampia dello scheletro umano. Ad essa partecipano il femore, con i suoi condili e la superficie patellare, la rotula (o patella) con la sua superficie posteriore e la tibia, con le sue superfici condiloidee. L’armonia fra le superfici femorale e tibiale viene stabilita dall’interposizione di due menischi, uno mediale e uno laterale, costituiti da tessuto connettivo con fibre di collagene contenenti cellule cartilaginee. I mezzi di unione sono rappresentati da una capsula articolare e da legamenti di rinforzo. La capsula articolare avvolge a manicotto i capi articolari, la sua superficie interna è tappezzata dalla membrana sinoviale che delimita una cavità dove è presente liquido sinoviale. La capsula fibrosa presenta numerosi ispessimenti che la rinforzano formando i legamenti anteriori, posteriori, laterali e crociati.
I capi articolari sono rivestiti da cartilagine articolare che ha due funzioni: ridurre attrito e usura delle superfici delle ossa e distribuire i carichi trasmessi all’articolazione. La cartilagine articolare è composta da tessuto connettivo non vascolarizzato e non innervato. Il 65-80% del suo peso totale è composto da acqua, la restante percentuale è rappresentata da condrociti e collagene, di cui il 90-95% è collagene di tipo II, resistente all’azione litica di molte proteasi, ma suscettibile all’azione delle collagenasi implicate nella patogenesi del processo artrosico. Tutti i più comuni fattori di rischio della patologia possono innescare diversi processi patogenetici che portano all’artrosi, che nella maggior parte dei casi è la risultante della sovrapposizione di più meccanismi, tra cui aumento della componente infiammatoria, sovraccarico meccanico, alterazioni metaboliche e invecchiamento cellulare. A prescindere dal meccanismo di innesco del processo artrosico ciò che si determina è un danno della cartilagine articolare a cui segue il cambiamento della sua composizione e l’aumento della suscettibilità alle forze fisiche fino alla perdita della sua integrità. Inizialmente si sviluppano delle erosioni sulla superficie della cartilagine articolare. Condrociti ipertrofici, nel tentativo di riparare il danno della cartilagine, aumentano la loro attività di sintesi con produzione di fibrocartilagine.
La diversa natura di questo tessuto rispetto alla cartilagine ialina e la sua incapacità di rispondere efficacemente a stimoli meccanici, comporta la formazione di fissurazioni della cartilagine d’incrostazione (fibrillazione). Le fissurazioni, per penetrazione del fluido sinoviale, si espandono in senso verticale, diventando vere e proprie spaccature. Nelle aree più centrali della superficie articolare, con l’approfondirsi delle lesioni oltre il “tide-mark”, si hanno fenomeni di rivascolarizzazione a partenza dai sottostanti spazi midollari fin dentro lo strato cartilagineo. Il conseguente apporto di cellule mesenchimali, comporta una maggiore sintesi dei prodotti di degradazione della matrice e mediatori proinfiammatori che agiscono sull’adiacente membrana sinoviale innescando una risposta infiammatoria. Le cellule sinoviali proliferanti rilasciano a loro volta fattori proinfiammatori tra cui l’ IL-1β e il TNF-alfa, che innescano la flogosi ed il processo catabolico in particolare a carico del collagene di tipo II. Col progredire del processo, nei punti sottoposti a carico, lo strato cartilagineo scompare e si creano aree di eburneizzazione ossea subcondrale con incremento dello spessore delle trabecole esistenti e apposizione di lamelle ossee neoformate, come risposta all’aumentato carico. Se la fissurazione si estende in profondità nell’osso si possono formare lacune che ampliandosi, per la penetrazione del liquido sinoviale generano lesioni pseudocistiche ripiene di fluido sinoviale con orletto osteosclerotico, dette “geodi” o “pseudocisti o cisti da sequestro”. Gli osteofiti che si sviluppano ai margini dell’articolazione tramite la riattivazione del processo di ossificazione encondrale sono l’esito del processo infiammatorio e dell’alterata meccanica articolare che deriva dai cambiamenti strutturali e conformazionali propri del processo artrosico.