Vi svegliate allarmati nel cuore della notte: andrebbe tutto bene, se non aveste perso, con il sonno, la sensibilità al braccio: dopo qualche attimo di panico l’arto sembra tornare a posto, in un crescente formicolio. Che cosa è accaduto? Nel linguaggio comune, diremmo che il braccio si è addormentato. Gli esperti parlano invece di parestesia, una temporanea e indolore alterazione della sensibilità. Si tende a collegarla al mancato afflusso di sangue nei muscoli, ma è più che altro dovuta a un problema nervoso.
Le fibre nervose negli arti (e nel resto del corpo) trasportano informazioni sensoriali, sotto forma di impulsi elettrochimici, fino al sistema nervoso centrale. Se subiscono una compressione la trasmissione del segnale è ostacolata, e l’informazione fatica a passare: in quella condizione possiamo avvertire un urto meccanico se ci urtiamo qualcosa, ma non una reale percezione sensoriale. Come altri meccanismi automatici del corpo umano, la parestesia ha uno scopo protettivo: serve a evitare la morte dei tessuti. Anche quando siamo fermi a lungo nella stessa posizione compiamo in realtà e senza accorgercene continui aggiustamenti per mantenere l’omeostasi (l’equilibrio interno) dell’organismo. Quando per qualche ragione non lo facciamo, il cervello nota il disagio e lo porta alla nostra attenzione vigile, così che si possa provvedere. Nella maggior parte dei casi non è nulla che un cambio di posizione o una breve camminata non possa risolvere.