Esistono “relazioni pericolose” tra artrite, psoriasi e malattia di Crohn, con un rischio di associazione tra queste patologie in un paziente su 4. Sono circa 2 milioni, ricordano gli specialisti, gli italiani che soffrono di malattie infiammatorie immuno-mediate come la psoriasi, l’artrite o le malattie infiammatorie croniche intestinali, che condividono meccanismi molecolari comuni e sono spesso presenti in associazione.
Queste malattie infatti hanno un importante denominatore comune: uno stato infiammatorio cronico ad indicare che qualcosa nel sistema immunitario non funziona a dovere e sbaglia bersaglio dirigendosi contro se stesso. Molte ricerche hanno appunto evidenziato che i pazienti che soffrono di malattie autoimmuni sono più esposti al rischio di svilupparne nel tempo altre rispetto alle persone sane: in particolar modo psoriasi, spondiloartriti e malattia di Crohn sono presenti in associazione nel 25% dei pazienti.
“Le malattie reumatiche infiammatorie sono spesso sistemiche, ossia possono colpire organi diversi. Così i pazienti con artrite psoriasica rappresentano il 25% dei pazienti che soffrono di psoriasi pari a circa 350.000 italiani – spiega Fabrizio Conti, della Cattedra di Reumatologia Policlinico Umberto I Sapienza Università di Roma. Fondamentale dunque mettere il paziente al centro di una visione clinica a 360 gradi così da garantirgli cure più efficaci e personalizzate”.
Inoltre, le persone che soffrono di psoriasi, malattia che interessa circa 1,5 milioni di italiani, “hanno un rischio di quasi 4 volte maggiore di andare incontro a malattie infiammatorie croniche intestinali, soprattutto la malattia di Crohn, che in Italia colpiscono 200.000 persone – rileva Giampiero Girolomoni della Clinica Dermatologica dell’Università di Verona.
Le prove del collegamento tra le diverse patologie arrivano da un’analisi pubblicata su Jama Dermatology che ha valutato e analizzato i dati di 8 milioni di malati con psoriasi confrontandoli con quelli di persone sane. Il paziente arriva dallo specialista di riferimento per la patologia più evidente, ma un medico attento e avvertito può riconoscere le ‘bandierine rosse’ indicative delle altre malattie e consentirne una diagnosi davvero precoce, che poi si traduce in una terapia più tempestiva e anche più adeguata, tagliata su misura sulle vere necessità del paziente”.
L’arrivo dei farmaci biologici, impiegati per molte di queste malattie, ha infatti rivoluzionato profondamente l’approccio consentendo non solo una cura più incisiva della singola patologia, ma anche di trattare contemporaneamente l’infiammazione presente in organi diversi.
“Il 10-20% dei pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali soffre anche di una forma di artrite ed è quindi fondamentale controllare l’infiammazione spegnendola – aggiunge Maurizio Vecchi, Ordinario di Gastroenterologia all’Università di Milano. L’anti TNF-alfa, per esempio, può essere utilizzato in tutte queste patologie: in alcuni soggetti può essere perciò possibile una terapia per le diverse malattie con un solo farmaco. In altri casi, invece, individuare le associazioni di patologia può servire a escludere trattamenti proposti per la malattia principale ma che potrebbero ‘cozzare’ con altre patologie immuno-mediate non ancora evidenti”.