Un piccolo osso del ginocchio quasi scomparso dallo scheletro umano sta facendo il suo – doloroso – ritorno: la fabella (un termine latino che significa “pallina”, “fagiolino”), un osso nascosto nel tendine di un muscolo della regione flessoria posteriore dell’articolazione, è tre volte più comune oggi di quanto lo fosse cent’anni fa.
In pochi hanno sentito parlare di questo osso sesamoide (si chiamano così le ossa di forma rotonda incastonate nei tendini, come la rotula), che fa parlare di sé soltanto quando dà noia: la fabella è infatti spesso collegata ad artrite e infiammazione articolare. Si pensa contribuisca a dare stabilità, ma non deve avere un ruolo determinante, se fino a poco tempo fa sembrava sul punto di scomparire.
Gli scienziati di Imperial College London hanno analizzato i risultati di esami diagnostici (raggi X, risonanze magnetiche e dissezioni) effettuati su 21 mila ginocchia in 27 Paesi negli ultimi 150 anni di storia della medicina. Nel 1875, la fabella si trovava nel 17,9% della popolazione. Nel 1918, nell’11,2%: sembrava destinata a un rapido congedo. Ma nel 2018, è stata trovata nel retroginocchio del 39% del campione: insomma c’è chi scommette si guadagnerà presto il soprannome di “appendice dello scheletro”.
Anticamente, quest’osso doveva servire, come la rotula, a ottimizzare il lavoro meccanico dei muscoli. Ma quando gli antenati di uomo e grandi scimmie si separarono, la fabella dovette sembrare superflua, nelle dinamiche evolutive. Più interessante è immaginare perché sia tornata, dal momento che non sempre è un ritorno gradito. Uno dei pochi cambiamenti ambientali che ha interessato tutto il mondo nell’ultimo secolo è la migliore alimentazione. L’ipotesi è che con una dieta più ricca l’uomo sia divenuto più alto e più pesante, sottoponendo le ginocchia a una maggiore pressione. Questo potrebbe spiegare la recente diffusione della fabella.